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Gennaio 2014. Gli auguri di MEDITERRANEA, dalla Palestina

Paese – Tunisia. Proseguono i lavori dell’Assemblea Costituente / Paese – Siria. Migliaia di donne fuggono dal Paese per paura degli stupri e delle violenze sessuali / Paese – Libia. Una donna si candiderà alla guida del Paese? / Paese – Mondo. Una tunisina dirige il Fondo Verde per il Clima dell’ONU / Paese – Mondo. Premio per i Diritti Umani dell’ONU a Khadija Ryadi … Paese – Kenya. Una manifestazione senza precedenti ! 160 ragazze contro la violenza sessuale …

Allegato: persone, libri, film, siti ecc. … film della regista palestinese Hiam Abbas, (“Donne della Vuccirìa”) dedicato alle donne della Vucciria di Palermo: “sono rimasta stupefatta della quatità di riferimenti al mio mondo che ho trovato in Sicilia“.

gennaio 2014 Mediterranea

 

mediterranea dic2013Per  la  nuova  Costituzione  delle  donne e degli uomini della Tunisia

Dicembre 2013 – Gennaio 2014 – MEDITERRANEA segue i lavori dell’Assemblea Costituente.

Spazzata via la ‘complementarietà’ – parità di genere nel progetto per la nuova Costituzione tunisina. Il contenuto di questo articolo è un grande risultato delle donne e dei democratici tunisini che hanno contrastato con la forza di grandi mobilitazioni il tentativo di descrivere e regolare i rapporti uomo-donna nella nuova Costituzione introducendovi il concetto di “complementarietà” della donna rispetto all’uomo.

I cittadini e le cittadine sono uguali per diritti e doveri. Sono uguali davanti alla legge. Il contenuto di questo articolo è un grande risultato delle donne e dei democratici tunisini che hanno contrastato con la forza di grandi mobilitazioni il tentativo di descrivere e regolare i rapporti uomo-donna nella nuova Costituzione introducendovi il concetto di “complementarietà” della donna rispetto all’uomo.

L’Assemblea Costituente è impegnata nell’approvazione del progetto per la nuova Costituzione, progetto di legge che al termine della votazione sui singoli articoli (probabilmente entro il 14 gennaio) dovrà essere approvato da due terzi dei 217 membri del Parlamento o sottoposto a ratifica attraverso un referendum popolare.

Resta alta l’attenzione dell’opinione pubblica e fa ben sperare per i futuri passaggi il rifiuto netto all’introduzione della charia, che i movimenti islamici avrebbero voluto sancire come riferimento religioso e identitario.

Restano aperti altri punti importanti, come la successiva regolamentazione in materia di diritti ereditari (non risolta dall’art.20) e certamente si dovrà trovare una soluzione al problema del mancato riconoscimento, in un apposito articolo costituzionale, dell’eguaglianza di opportunità nel lavoro (come richiedeva un emendamento, respinto, di Nadia Chaabane): a questo proposito è stato predisposto un articolato che dovrebbe indicare la responsabilità dello Stato nel garantire il diritto al lavoro “sulla base della competenza e dell’equità”, in cui si fa riferimento anche alla “giusta” retribuzione. Non dimentichiamo che in materia di lavoro in Tunisia le donne giocano una partita molto importante per il loro futuro; le ragazze hanno livelli di scolarizzazione superiore ai coetanei maschi e molti settori di tradizionale impiego femminile (turismo, scuola, sanità, tessile) sono tra i più colpiti dalla crisi in atto. Incerta anche la soluzione relativa alla regolamentazione del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, che nel dibattito dell’Assemblea Costituzionale si sta pericolosamente legando al confronto su temi etici riguardanti il “diritto sacro alla vita”.

Per quanto riguarda la rappresentatività di genere nelle istituzioni, la norma approvata dai Costituenti prevede che la legge deve garantire la rappresentatività delle donne nelle assemblee elettive, senza però introdurre il principio di parità.

Come abbiamo detto, i lavori in Assemblea Costituente sono in corso e il 10 gennaio è stato proposto l’emendamento (art.45) in tema di parità e contro la violenza sulle donne. Il testo è il seguente:

“Lo Stato garantisce i diritti acquisiti delle donne e opera per sostenerli e svilupparli. Garantisce la parità di opportunità tra uomo e donna nell’esercizio delle diverse responsabilità.Opera per la realizzazione della parità nelle assemblee elettive. Lo Stato assume le misure necessarie per l’eliminazione della violenza che si esercita contro le donne .”

L’approvazione dell’emendamento è stato accompagnato da grandi proteste da parte dei deputati e delle deputate islamiste di Ennahdha. Potrebbe essere una delle più gravi differenze di orientamento in seno all’Assemblea, che potrebbe richiedere il ricorso al referendum popolare sul testo costituzionale al termine dei lavori.

Nei giorni seguenti alcuni emendamenti agli art. 46 e 47 hanno rafforzato l’attenzione verso i diritti dei bambini e delle bambine (Lo Stato deve assicurare tutte le forme di protezione a tutti i bambini, senza discriminazioni e nell’interesse supremo dei bambini) e delle persone portatici di handicap (Lo Stato protegge i portatori di handicap da ogni discriminazione e mette in atto misure a tal fine).

L’art. 48 riguarda la libertà di coscienza e di espressione: sono questi i temi che segnano davvero il passaggio, l’uscita dal regime di Ben Ali che per 24 anni ha tenuto la Tunisia sotto pesanti restrizioni delle libertà individuali (associazione, espressione, stampa) con l’esercizio della repressione e della tortura. La legge fissa le modalità riguardanti i diritti e le libertà garantite dalla Costituzione e le condizioni per il loro esercizio. Il sistema giudiziario vigila sulla protezione dei diritti e delle libertà contro ogni violazione.

Sempre in materia di diritti, in un clima di vivaci polemiche è stato affrontato l’articolo riguardante le libertà nel campo del lavoro e dell’iniziativa economica, e sono state respinte posizioni presenti in Assemblea costituente che premevano per “l’istituzionalizzazione di una forma di liberalismo selvaggio in nome della libertà di iniziativa” e il rischio che sotto il titolo di “libertà di lavoro” si potesse mettere in discussione il diritto di sciopero.

11 gennaio 2014

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25 nov. Mediterranea 1) Global Slavery Index 2013 … 2) Turchia – Dibattito sulla segregazione di genere in Turchia … 3) Palestina – Molestie alla frontiera … 4) Siria – Radio Hiya (Radio Lei): donne per una Siria più libera … 5) Italia – Santa Giusi, protettrice degli immigrati / Vergogna e disonore per l’Europa – Dal 2002 sono morti al largo dell’isola 3300 migranti. Giusi si ribella: ‘non sono numeri, sono persone ‘.

 

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Mediterranea_ottobre_2013  Arabia Saudita … “in bicicletta non è vietato” –  guidare l’auto, invece, è vietatissimo!

 

Mediterranea_specialeTunisia2013_sett … ‘novità’ sconvolgente per le tunisine: devono avere l’autorizzazione del padre o del marito per poter viaggiare fuori dal Paese!

Mediterranea_agosto_2013  Paese – Italia. Ancora lunga e difficile la strada per il contrasto al femminicidio.

Mediterranea_luglio2013  Paese – Palestina. Si può arrestare un bambino di 5 anni ?

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Udi Catania – giugno 2013

Paese – Turchia – Muore un albero – nasce una nazione

Paese – Siria Donne nella guerra

Un ricordo per Barbara De Anna

Paese – Tunisia e Marocco – Iniziative delle attiviste ‘Femen’

Paese – Mali – ‘Chato’ corre per la Presidenza della Repubblica: “è un vantaggio essere donna”

Paese – MaroccoQandisha: la nuova rivista per le donne

Da un anno la giornalista Fedoua Miski pubblica da Casablanca una nuova webzine per le donne, che esce dal tradizionale modello con riferimento, anche in Marocco, agli argomenti bellezza/moda/cucina e si propone di incoraggiare le donne a informarsi, a esprimersi anche in pubblico, far valere i propri diritti.

Paese – Qatar – Donne qatarine: non solo mogli, figlie o sorelle degli emiri

Paese – Egitto – No all’islamizzazione della cultura

Paese – Libia – Il punto sulla situazione delle donne nel Paese

Paese – Francia – Progetto di legge quadro sui diritti delle donne

Allegato. Persone, Libri, Film…

La svolta – Donne contro l’ILVA  documentario di Valentina D’Amico che racconta la vita e la lotta delle donne di Taranto

The New Feminism è il titolo della raccolta di saggi che apre l’ultimo numero di Dissent

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Udi Catania – maggio 2013

Paese – Tunisia Amina non è sola

Paese – Kuwait  (e altri del Golfo) – Il primo campionato femminile di pallacanestro e atletica

Paese – Afghanistan – La maggioranza del Parlamento contro le libertà femminili

Paese – Turchia – Incontro internazionale “Le donne nella nuova stagione del

Mediterraneo”

Continente AFRICA – Una donna alla testa dell’Unione Africana

La sudafricana Nkosazana Dlamini Zuma è la Presidente dell’Unione Africana

(UA), l’organizzazione panafricana nata 50 anni fa.

E’ la prima Presidente donna, già ministra della salute e degli esteri del suo

Paese.

Allegato. Persone – Libri, Film…

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Udi Catania –  speciale dicembre 2011

Un anno di primavera araba / Dov’è l’Europa / E le donne?

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UDI Catania – novembre supplemento

“Spero che ogni donna sia protagonista di un cambiamento in nome della legalità: in Calabria sono loro l’ago della bilancia, è grazie alle donne che la mafia può essere battuta”. E l’auspicio lanciato dal magistrato Michele Prestipino, della DDA di Reggio Calabria …

L’identikit del ‘boss in gonnella’ / Se le donne calabresi rompono l’omertà

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25 novembre

Ogni cinque donne in Europa, una è vittima di violenze (fonte Amnesty I.). Dovunque: in casa, sul lavoro, per strada, al parco, in discoteca… E se allarghiamo lo sguardo incontriamo le più assurde e feroci negazioni dei diritti sanciti come universali.

La violenza esercitata ha una graduazione che va dalle forme più sottili, psicologiche, di linguaggio, di subordinazione, ai maltrattamenti fisici, alla morte.

Anche impedire alle donne di decidere del proprio corpo di fatto o con leggi istituzionalizzate è violenza, come in casa nostra, o negare le medicine come in Sierra Leone.

Le infermiere ti trattano male, non si capisce quello che dicono. Ho provato a spiegare, le ho scongiurate. Mi hanno detto che stavo facendo perdere tempo e mi hanno cacciata via. Ho pregato e pregato, ma niente soldi, niente medicine. Parlano di cure gratuite, ma non se ne vedono qui. (Hawa, 28 anni incinta, Sierra Leone).

La violenza sottile, quotidiana è statisticamente enorme, ce la ritroviamo in casa e sul pianerottolo nella porta accanto sotto forma di divieti, contrasti, asprezze, tutele non richieste e non dovute, sottostima, che normalmente non si esercitano nella cerchia maschile. Fino alle più dolorose ed estreme: percosse, stalking, stupri, morte: una donna è uccisa ogni due giorni e mezzo. Se questa media è più o meno stabile non c’è casualità, è un costume, una cultura. I giornali e i media, nella grande maggioranza, continuano a non riconoscere e non indicare come femminicidio l’uccisione sistematica delle donne per mano maschile.

Un genere incapace di gestire il conflitto ricorre alla soluzione estrema della soppressione come soluzione finale.

Non se ne esce se non con una presa di coscienza individuale, che moltiplicata diventa consapevolezza e forza collettiva. Così ogni atto individuale consapevole diventa politico. Così si può parlare di politica delle donne senza in realtà praticare la politica attiva o essere iscritte a un partito. La fase successiva della conversione in legge va perseguita poi con tenacia, diversamente le proposte di legge giacciono nel sonno eterno.

Lo scambio, la partecipazione, l’opposizione motivata, la negoziazione… sono gli strumenti che dobbiamo utilizzare in forme interpersonali e collettive.

Molto è cambiato grazie ai movimenti delle donne. Nulla è stato regalato in termini di riconoscimento dei diritti. E nulla verrà regalato. Il corso verso una società più aperta e paritaria tra i generi è presumibilmente inarrestabile. Perché le tecnologie sebbene studiate e prodotte dalle tecnocrazie ancora patriarcali, diventano un’arma a doppio taglio: sanno utilizzarle anche le donne sempre di più. E la comunicazione è un’arma micidiale. E’ anche vero che contemporaneamente soffriamo di lunghe pause o processi involutivi. Ne abbiamo appena trascorso un ventennio.

Ma qualcosa cambia e cambierà con effetto domino. E non è detto che quel battito d’ala laggiù non produca un uragano proprio qui. O viceversa.

Manal e le altre hanno sfidato la monarchia saudita con un gesto privato e personale, ma che si è fatto politico: guidare l’auto, per loro vietata. Re Abdullah ha promesso qualcosa per il 2013.

Le donne egiziane sono appena uscite dalla dura forma del governo Mubarak anche per merito loro, nel movimento della Rivoluzione del 25 Gennaio. I militari ora al potere hanno fatto finta di non vedere e non sentire, ma loro sono tornate all’attacco e chiedono oggi uguaglianza di diritti e compartecipazione decisionale di governo.

La mortalità per maternità in Sierra Leone è fra le maggiori del mondo. Negare le medicine alle donne nel loro atto riproduttivo, è una violenza e una violazione dei diritti fondamentali. Dietro le pressioni di Amnesty I. e altri fronti, dal 27 aprile 2010 il governo concede a parole “Cure mediche gratuite” (Fhci), ma non di fatto.

Donne yemenite: protestano contro la fatwa favorevole alla repressione e cantano per le strade l’inno nazionale, persino nei villaggi contro i tagli all’elettricità e all’erogazione dell’acqua, alcune avrebbero bruciato il velo davanti ai militari del regime presidenziale.

Si potrebbe continuare con le donne di Plaza de Mayo, che gridano la mancanza di lavoro è un crimine e una violenza, le donne di Ciudad Juarez, le donne per il diritto all’acqua, alle sementi…, le donne che si ribellano alla legge feroce delle mafie e sono sciolte o suicidate con l’acido, tutte le donne che nel privato e in pubblico strappano a forza pezzi di dignità per ricostituirla nella propria persona e nella persona di tutte.

E in casa europea molti sforzi si stanno compiendo sul piano istituzionale, con risultati a volte confortanti a volte deludenti. Il Consiglio dell’Unione e la Commissione hanno adottato una Carta delle Donne con una dichiarazione d’intenti per combattere la violenza nei confronti delle donne e stabilire la parità di genere attraverso una disegno politico. Tuttavia sono trascorsi già due anni e gli impegni concreti tra gli Stati tardano ad arrivare.

Il 10 e 11 maggio 2011, nella sessione a presidenza turca del Consiglio d’Europa tenuto a Istambul, 13 paesi del Consiglio d’Europa hanno firmato una Convenzione per prevenire e combattere la violenza di genere. Rispetto alle consimili precedenti deliberazioni si propone come un vero e proprio trattato internazionale vincolante. Ogni stato ha l’obbligo di fornire servizi specializzati alle donne vittime di violenza e di adottare delle procedure unificate dalla prevenzione alla pena. Il Trattato si configura come diritto internazionale, ma avrà valore di legge solo dietro ratifica del Parlamento nazionale.

La violenza di genere ha raggiunto un livello intollerabile ed è purtroppo un fenomeno in continuo aumento: una donna su quattro in Europa subisce violenza durante la sua vita, a scuola, in ufficio e soprattutto in casa, poiché il pericolo maggiore viene da persone conosciute, quindi di cui la donna si fida, principalmente il partner … Le denunce continuano ad essere molto rare,  così come le condanne, pur in presenza di arresti immediati dei criminali da parte della polizia, e che però, in assenza di prove certe, fa sì che questi continuino a girare liberamente.

Sono quattro le fasi determinanti contenute nella Convenzione: prevenzione del reato, protezione delle vittime, azione giudiziaria sui colpevoli e politiche più coordinate, che, attingendo all’esperienza di ogni paese, formeranno un’unica struttura di diritto internazionale (Thorbjorn Jagland, segretario generale, nel presentare la Convenzione a Istambul).

La Convenzione è anche aperta ad altri stati oltre a quelli dell’Unione. Ad oggi 17 paesi hanno controfirmato ma non è stata ancora ratificata da nessuno. L’Italia, il governo di Berlusconi, non l’ha nemmeno firmata.

Qualora riuscissimo a far scomparire le forme di violenza esercitate nei confronti delle donne avremmo raggiunto una pienezza di sensibilità, che si riverserebbe anche sugli uomini, sugli animali, sugli ecosistemi. Su ciò che genera la nostra vita.

 

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UDI Catania – novembre 2011

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UDI Catania – ottobre 2011
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