Ferrara / Zurigo

Foto Businesspress(Ferrara – foto Businesspress)

SCHWEIZ ZUERICH PRO INFIRMIS SCHAUFENSTERAKTION(Zurigo – foto Alexandra Wey)

A Ferrara sulle vie centrali cuore dello shopping, sabato 23 e domenica 24 novembre scorso, cento esercenti hanno aderito a una iniziativa organizzata dal Comitato Commercianti Centro Storico “Vetrine in movimento(raffinata la concomitanza con la giornata internazionale contro la violenza sulla donna, il 25). Il movimento consisteva nell’animazione vivente delle vetrine con modelli e modelle, un certo numero di queste, col minimo tessile indosso, ha attirato l’attenzione di un folto pubblico in particolare giovane e maschile, scrive un giornale locale.

Che l’iniziativa avesse l’intenzione di attirare gente per vendere è fuor di dubbio, ma tra le infinite trovate possibili l’idea inamovibile è sempre e comunque l’utilizzo dei corpi di donna preferibilmente al naturale.

Che male c’è – chi ha un bel corpo perché non lo deve far vedere – bigotte/i basta coi moralismi – la bellezza… – bigotti della peggior specie, quelli che anche in un’iniziativa simpatica e del tutto innocua come quella delle vetrine animate devono leggere dietrologie, tirando in ballo l’etica, la mistificazione del corpo femminile … siete rimasti 30 anni indietro. Sono alcuni dei commenti colti su quotidiani on line ferraresi, molti dei quali rivolti all’UDI di Ferrara che aveva protestato sollevando il caso.

Non è reato, non è di per sé riprovevole che la bellezza dei corpi possa essere utilizzata per veicolare un messaggio, pubblicitario o meno. E’ ridicolo girarla sul moralismo bacchettone e far finta che non esista il fatto che i corpi femminili vengano utilizzati per vendere qualsiasi oggetto ingombrante come un’auto, un letto, perfino bare, o minuzie come una matita o un lecca lecca…, spesso con modalità grossolane e offensive, e con l’allusione o il riferimento volgare esplicito di sottomissione, di uso sessuale cui ogni donna (giovane / bella, secondo catalogo) sarebbe destinata.

Il corpo di donna che veicola il messaggio in realtà comprende tutte le donne, ha valenza uniformale. L’infinita iterazione di questa distorsione strumentale espressiva / linguistica genera assuefazione e quindi normalità, per cui può far dire perfino ai padri e alle madri che male c’è?

L’idea di bellezza cambia secondo i popoli, le epoche e le latitudini. Le religioni hanno anche loro un’idea di bellezza che in un certo senso segue gli stereotipi della società cui si rivolge, ma nello stesso tempo ne è separata perché ha una funzione specifica, edificante e celebrativa di concetti codificati come soprannaturali. Nelle operazioni di marketing spregiudicate, anche la bellezza del corpo della donna subisce una separazione e la sua corporeità, sottratta, sezionata anatomicamente, è confinata per un uso specifico e ha la funzione di un attrezzo, di un dispositivo per costruire qualcosa. Che possa essere poi una libera scelta della stessa donna non ne sposta i termini sociologici.

Il discorso sulla bellezza è molto complesso, per evitarlo si dice che è bello ciò che piace. In realtà ci orientiamo volenti o nolenti verso un vastissimo corpus di riferimenti, consapevoli e non, che chiamiamo cultura (non importa se popolare o titolata) per esprimere una valutazione. Quanto più sono vaste le connessioni che riusciamo a stabilire, tanto più è profonda e ricca la nostra sensazione percettiva e capace di cogliere segni.

La bellezza come selezione di campionature canoniche, formalmente ritenute superiori opposte a quelle ritenute inferiori, disturbanti, contaminanti, è tipica dei gruppi che hanno di sé un concetto superiore, esclusivo ed eroico. L’Europa ha tragicamente sperimentato in massa cosa volesse dire razza ariana.

Diluizioni diffuse, capillari, di questa concezione della superiorità estetica e dell’unicità del modello cui uniformarsi sono instillate quotidianamente dai media, e mascherate di normalità.

  (corto per Pro Infirmis di Alain Gsponer. Nessuno è perfetto)

A riflettere su bellezza, perfezione, senso del bello e socialità ci invita Pro Infirmis, una solida organizzazione svizzera per disabili, che percorre la strada in senso opposto, rispetto a quella scelta dai negozianti del centro di Ferrara.

Sulla Bahnhofstrasse di Zurigo, il 3 e 4 dicembre, nelle vetrine di diversi negozi fra i consueti manichini rigorosamente di gamba lunga, nasi geometrici, erano esposti altri manichini riproducenti corpi di persone disabili: Erwin Aljukić, attore storico della longeva soap opera tedesca Marienhof, che per una affezione alle ossa ha problemi motori, Kelly Knox, famosa modella londinese con una disabilità ad un braccio, Angela Rockwood, modella e attrice americana che ha perso l’uso delle gambe dopo un incidente, Jasmin Rechsteiner – Miss Handicap 2010, Alex Oberholzer, presentatore radiofonico e critico cinematografico, Urs Kolly, atleta paralimpico – 7 medaglie d’oro, Nadja Schmid, blogger.

La campagna di sensibilizzazione per l’accettazione sociale dell’handicap è stata organizzata da Pro Infirmis in occasione della Giornata internazionale delle persone disabiliOgni persona ha il diritto di condurre una vita autoderminata e indipendente… nel nostro paese è sancito dall’art. 3 della Costituzione: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali…

Il regista Alain Gsponer ha realizzato un corto di quattro minuti: Nessuno è perfetto, che racconta la progettazione, la lavorazione, l’esposizione dei manichini nelle vetrine, le tenere sensazioni delle modelle e dei modelli nel vedersi replicati, le espressioni di chi passa e dei visi al di qua e al di là delle vetrine. Nessuna è perfetta. Avvicinatevi.

UDIrc

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